Spider-Man è l’unico Oscar che conta
No, a dir la verità sono contenta anche per Olivia Colman, che adoro dai tempi di Broadchurch. In questa tornata di statuette però c’è forse un solo titolo capace davvero di dare una scossa al cinema. E no, non è Roma, non è il suo freddo laccato bianco e nero d’Autore distribuito però via streaming da Netflix. Il vero scossone è un film di supereroi, ma non è Black Panther, migliore di altri film dell’universo Marvel ma che deve la sua nomination a motivi al di là dell’estetica (succede sempre, in tutte le Arti, e va bene così). Il vero balzo in avanti è Spider-Man Un nuovo Universo.
Ha vinto l’Oscar come miglior film animato, categoria che finisce per ghettizzare ancora una volta una forma d’arte cinematografica che invece meriterebbe di essere considerata al pari delle altre (nell’era in cui tutti rivendicano spazio per ogni diversità, lo faccio pure io). Spider-Man prende un personaggio stra-popolare mettendo in scena una storia che ne moltiplica le identità: in un mondo di universi comunicanti, non c’è più un solo Spiderman, ma molteplici e mutanti, un giovane di colore, un adulto frustrato, una fanciulla coraggiosa, un personaggio da noir, una bambina giapponese con robot e infine…un porco. Una moltiplicazione di identità cui fa da contraltare una moltiplicazione degli stili visivi, tanto nel disegno quanto nel movimento.
L’animazione diventa allora quel medium e quel linguaggio capaci di inglobare tutto pur mantenendo le differenze, e passando dall’iperrealismo all’astrattismo. Ma niente è pretenzioso, tutto è al servizio della storia, un vero romanzo di formazione (e se vogliamo legarci a temi extranarrativi, il protagonista è di colore e crea più empatia di Black Panther). Se proprio dovete recuperare un film da Oscar recuperate questo. No, non è per bambini.