Di Vaio: nuovi lavori, nuovi divi
Venerdì 4 maggio sono stata invitata, su suggerimento del collega Simone Tosoni, a un incontro speciale organizzato da un gruppo di studenti della mia Università, la Cattolica di Milano.
Si trattava di intervistare Mariano Di Vaio.
Come recitano tutte le sue bio, “con i suoi 6 milioni e 300 mila follower solo su Instagram Di Vaio è l’influencer più potente d’Italia dietro Chiara Ferragni (11,7 milioni). Forbes lo ha incoronato l’influencer uomo numero uno al mondo nella classifica ufficiale degli under 30 che contano. E’ stato protagonista di diverse campagne per famosi brand, ha una linea di abbigliamento sua, gestisce un sito di e-commerce con circa 200-250 ordini al giorno. In due anni la sua azienda è passata da cinque a venticinque persone”.
Il personaggio incarna un fenomeno ormai conclamato del nostro sistema mediale, e mi pareva interessante osservarlo da vicino.
Quindi ho detto sì (e poi il tutto aveva un che di surreale).
Il tema era capire il business legato a queste figure comunicative. E Di Vaio è stato concreto: ha spiegato il suo modo di procedere, passo dopo passo, affidandosi a una squadra che lo segue. Non sa dare una definizione unica al suo lavoro, e in fondo di questi tempi direi che sia vero per molti professionisti. E’ un’altra figura fluida: influencer, volto, modello, editor di contenuti di moda. E anche imprenditore, e imprenditore di se stesso nel senso più stretto del termine.
L’incontro (ripreso su Instagram, ovvio) mi ha confermato alcune cose:
– Di Vaio ha uno dei pochi mestieri (= lavoro retribuito dignitosamente; di questi tempi va specificato) possibili grazie al web, erede certo di alcune dinamiche nate dal cinema, dalla tv, dalla moda. I brand sono disposti a pagare per una figura che comunichi direttamente con gli utenti. Allo stesso tempo Di Vaio e Ferragni sono nella loro espansione abnorme dei casi unici. Il resto è micro-influncer, che però stanno trovando sempre più spazio visto perché i brand differenziano gli investimenti.
-Il problema per tutti è durare, ma in fondo è stato così per molte altre figure del mondo dello spettacolo/comunicazione. Certo, i tempi odierni sono ancora più veloci (ma per tutti). I nuovi divi nati grazie a nuove app (si veda ora musical.ly) sono sempre in agguato. Conta allora diversificarsi, come appunto un’azienda
– Intanto l’editoria sempre in crisi vede il sorpasso anche su un altro fronte, vede cioè i marchi fuggire verso altri “intermediari pubblicitari” tipo appunto Di Vaio. Conviene più una campagna con loro o vecchie forme di pubblicità o product placement?
– Infine, i fan: ragazze e ragazzi in fibrillazione con cellulari puntati verso Di Vaio appena entrato in aula. E poi corse veloci lungo le navate per una foto. Mi sono ricordata anni fa di certe scene sempre nelle stesse aule con Fiorello (con tutte le dovute proporzioni, certo). Abbiamo un nuovo divismo ormai consolidato.