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Pensavamo ormai fosse tutta questione di dirette facebook, meme, fake news, twitter, etc etc. Invece la Tv in questa campagna elettorale è sempre potente: sono tutti in fila da Vespa, da Gruber e anche ovviamente da D’Urso. Perché la politica è più che pop, e ultrapop. E cioè ormai è cosa unica con lo spettacolo. Proprio perché siamo focalizzati sui social, ci dimentichiamo del piccolo schermo e notiamo meno tutte quelle storture che una volta, magari solo 5 anni fa, ci avrebbero fatto rabbrividire: domande inesistenti, attacchi frontali, sproloqui senza senso, spazio nei Tg costruito ad arte. Soprattutto, molti si sono persi quello che certa Tv informativa ci propina da anni. Ecco gli invitati dei talk sempre più attori con idee sempre più assurde ma tutte degne in egual misura, secondo chissà quale perversa par condicio. Ecco cittadini nella piazze, collegati in studio con un abile burattinaio, vessati sempre e comunque non si capisce bene da chi o da cosa o perché. Un clima di costante assedio, emergenza, frustrazione che faceva ascolti ed è stato cavalcato.
E se qualche anno fa discutevamo su come stesse cambiando la comunicazione politica in Tv (ad es. il talent del confronto elettorale, in onda su Sky per le primarie del Pd), adesso è tutto molto confuso, complice una legge proporzionale che ci riporta indietro a vecchie modalità di racconto. E così qualcuno rispolvera vecchi contratti agli italiani.
Intanto il Pd, dopo alcuni cartelloni elettorali terribili, azzecca quasi uno spot elettorale. E in questo clima pare un miracolo.
A proposito di spot, ecco un vecchio pezzo tratto da Europa dedicato a una preziosa risorsa d’archivio presente sul web
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Contadini sorridenti di mattina, pediatre rassicuranti, bambini festanti dopo la scuola, mamma e papà, nonni e nonne, lavoratori e spose, sorrisi e abbracci, pacche sulle spalle e candeline da spegnere. Il ritornello che accompagna queste immagini potrebbe essere quello di una canzone di Baglioni, ma no, fa “Forza Italia, Forza Italia”. Però no, non è uno spot di Forza Italia, è il celebre spot Dc del 1987: giusto per capire che da cosa nasce cosa. Giusto per capire, anche, che uno spot così è puro anni ’80 per stile visivo e narrativo, ma allo stesso tempo pare anticipare certe campagne anni ’90 del Mulino Bianco.
Questo spot si trova non a caso nella sezione “Seduzione” del sito www.archivispotpolitici.it, realizzato dall’unità di ricerca dell’università degli studi di Roma Tre all’interno di un progetto di ricerca sulla “Popolarizzazione e sulle nuove forme della comunicazione politica”. Repertamento, catalogazione, digitalizzazione, condivisione: queste le fasi della ricerca, che raccoglie oltre 450 spot a partire dagli anni ’70. Il sito rappresenta il primo archivio italiano su questo argomento.
Tranne per alcuni casi, tutto è gratuito, tanto la visione quanto l’uso, con la sola richiesta di citare la fonte. Una condivisione che dovrebbe essere il fine ultimo di molte ricerche accademiche. Sempre alla sezione “Seduzione”, ecco uno spot con una bella donna nuda che gioca con un bambino. Dolcezza e capezzoli. No, ancora no, niente Forza Italia. Questo è l’erotismo del Pci, che invita a un futuro di pace per chi avrà 20 anni nel 2000. Sedurre coi corpi per sedurre la mente, senza falsi moralismi ma con audacia e creatività: del tutto in linea con lo spirito dei tempi, siamo nel 1984.
Come ben spiegato nel sito, sin dal dopoguerra i partiti hanno prodotto materiale video di promozionali, mostrato per lo più nelle sezioni e nei luoghi di riunione. È con la campagna elettorale del referendum per l’abrogazione del divorzio del 1974 che nascono i primi spot voluti dal Comitato del No e proiettati nei cinema. Poi arrivano le tv private ed è boom, prima alle politiche ed europee del 1979 poi a quelle politiche del 1983. Il decennio da bere, di Dallas, del colore è ovviamente anche quello d’oro per gli spot politici. Il passo successivo è il 1994, Forza Italia, il video di Berlusconi a tutte le redazioni, e la necessità di regolamentare il settore.
Oggi domina il web 2.0 che permette a basso costo tanto la comunicazione politica creata dall’alto quanto quella creata dal basso, dagli elettori. Gli spot politici sono un vero e proprio documento storico, aiutano a capire quali fossero i temi caldi in un determinato momento del nostro paese. Sono però anche il momento in cui un partito si autorappresenta, immagine tanto dei suoi valori quanto degli elettori di riferimento, quelli cui pensa di rivolgersi, ideali o reali, già acquisiti o da conquistare. E però in ballo entrano altri elementi.
Da un lato, l’evoluzione degli spot è inseparabile dall’evoluzione dei media, tanto stilistica quanto tecnologica. Dall’altro lato, non si possono capire certi spot senza pensare alla cultura di riferimento di un determinato periodo, che sia alta o pop. Basti pensare all’uso di Gianni Morandi che dal suo salotto di casa con moglie e figli spiegava il suo no all’abrogazione del divorzio. Basti pensare cosa significava allora la sua immagine e cosa significhi adesso (cavoli, fisicamente però Gianni è sempre uguale!).
Storia d’Italia, storia dei partiti, storia dei media, storia culturale: sono gli ingredienti dell’impasto di un semplice spot. Elementi che vanno sezionati per meglio comprendere l’oggetto che si ha di fronte. Allo stesso tempo, però, tutto va rimescolato: il web permette di lasciarsi andare all’esplorazione non cronologica, magari suggerita dai già predisposti percorsi tematici, magari suggerita da gusto personale e casuale.
E così vecchi video si illuminano di nuove letture, e aiutano a capire meglio il nostro passato prossimo. O il nostro presente: “Tangenti ai partiti, giovani senza casa e disoccupati, il 60% dei tuoi guadagni in tasse. Anche in Italia c’è un muro da abbattere, è quello dei partiti”. Lo spot si chiama “Ogni voto una picconata”. Chi parla è Fini nel 1992. La sezione è quella dell’antipolitica. Eh già. Perché tutto torna. Perché certi populismi riappaiono sempre nei momenti di crisi. Perché, forse, da quel 1992 non ci siamo ancora mossi.